“Appartenenza tra desiderio e Ananke“. Questo il titolo dell’intervento tenuto dal dott. Gaetano Sisalli, presidente di Spazio Imago, durante le giornate IAT 2018 “Gruppi, luoghi e appartenenze” svoltesi a Siena dal 18 al 20 Maggio. Ve lo presentiamo qui, sul sito della nostra associazione, in versione integrale, diviso in due parti per agevolarne la lettura.
Così come si evince dal titolo ho deciso, in questa relazione, di trattare il concetto di appartenenza usando due dimensioni: una che appartiene al regno del bisogni e dei desoderi, l’altra che appartiene al regno della necessità.
Il concetto di Appartenenza
Il concetto di appartenenza è trasversale a diverse discipline, dalla sociologia all’antropologia culturale, alla psicologia ( in particolare alla psicologia sociale), al diritto ed è utilizzato per indicare una condizione di inclusione di un individuo in una collettività o il suo riconoscimento in quanto membro di essa.
I temi connessi a questo uso del termine riguardano, perciò, le modalità dell’inclusione (o esclusione) ed i presupposti del riconoscimento ( o non riconoscimento e disconoscimento).
Ricorriamo al termine appartenenza per descrivere un sentimento di identità che rivela un’adesione – di natura culturale, ideologica o affettiva – ai contenuti che caratterizzano e sono costitutivi di una collettività.
Ricorriamo al concetto di appartenenza per indicare specifiche modalità di relazione sociale tra gli individui. Per cui parliamo di relazioni di appartenenza riferendoci a quelle forme di scambio, cooperazione o protezione che si stabiliscono tra le persone quando si attribuiscono reciprocamente un qualche legame, fine o interesse comune, una stessa fede, una comune origine familiare, sociale, culturale.
Ricorriamo al termine appartenenza per descrivere un bisogno psicologico fondamentale che si manifesta fin dall’ infanzia e dalla cui soddisfazione dipende il proprio equilibrio emotivo, l’autostima, i processi motivazionali, il sentirsi accettati e la capacità di auto-accettazione, il senso di sicurezza e di protezione e la stessa percezione di sé.
In quest’accezione il termine rinvia sia a quella dimensione che ha a che fare con il bisogno del prendersi cura dell’altro, sia a quella dimensione che attiene al sentirsi oggetto della o affidarsi alla cura dell’altro. Ci si riferisce cioè ad un bisogno che trova espressione in quei legami di tipo affettivo ed emotivo, di intesa intimità, che in genere caratterizzano le relazioni interpersonali e che assumono particolare rilievo nel vissuto personale e nella costruzione e riproduzione della propria identità, quali le relazioni che si stabiliscono tra i partner di una coppia, tra genitori e figli, tra fratelli, tra amici, tra maestri ed allievi. Nella nostra dimensione professionale tra pazienti e terapeuti , tra terapeuti e supervisori.
Quindi possiamo affermare che il concetto di appartenenza rinvia :
- ad un bisogno fondamentale ,
- ad un sentimento
- ad un modello di relazione sociale.
Appartenenza e Analisi Transazionale
In termini AT l’appartenenza la ritroviamo nel Bambino come bisogno, in tutti e tre gli stati dell’Io in quanto sentimento, e nel Genitore, e in particolare nel Genitore Culturale, in quanto modalità di relazione sociale tra le persone.
Sappiamo che il bisogno risponde a esigenze fisiologiche o psicologiche o ancora a esigenze sociali apprese dall’ ambiente.
Arieti distingue il desiderio dal bisogno. Un bisogno implica la privazione di qualcosa di necessario per il benessere dell’organismo, mentre il desiderio è per lui una rappresentazione mentale di qualcosa che una volta avuta, dà piacere. La capacità di desiderare trae origine quindi dalla capacità di immaginare.
Quando un bisogno viene unanimemente giudicato indispensabile per il benessere fisico o per quello psicologico questo non viene più ritenuto come un bisogno ma viene riconosciuto come un diritto, un diritto inalienabile dell’individuo- Possiamo dire che esso diventa contemporaneamente un contenuto del Bambino ed un contenuto del Genitore Culturale. Ciò ci consente di affermare che la privazione di un diritto inalienabile lede un uomo non solo legalmente, ma anche psicologicamente , in parti profonde del nostro Io che hanno a che fare con la costruzione della nostra identità personale e sociale ( vedi il minority stress degli omosessuali o dei transgender)
Secondo Arieti l’uomo è l’unico essere vivente che può fare il percorso inverso: cioè mutare un desiderio in un bisogno ( vedi i neo bisogni di cui parla Bergeret), e la comunità umana e l’unica organizzazione che può mutare un bisogno in un diritto inalienabile.
Possiamo affermare, seguendo quanto sostiene Arieti, che un bisogno soddisfatto diventa desiderio. Questo può accedere alla coscienza attraverso la volontà e la conseguente azione oppure essere oggetto della rimozione e andare nell’ inconscio rimosso di freudiana memoria.
Ma che cosa succede se il bisogno non viene realizzato? Se una carenza o un trauma cumulativo ha impedito che il bisogno evolutivo sia soddisfatto o , addirittura , se siamo stati esposti a esperienze traumatiche e negative nel tentativo di soddisfare il bisogno quando eravamo bambini?
A mio avviso a questo punto ci troviamo ad avere a che fare con la necessità.
Appartenere: tra bisogno e necessità
La necessità rinvia da una parte al destino, ad Ananke madre delle moire; dall’ altro ad una dimensione ontologica imperativa necessaria per la sopravvivenza. Intendo qui la necessità non nel senso Parmenideo per cui tutto è governato da un nesso diretto causa/effetto, ovvero da una causalità lineare, sicché viene negata la realtà del caso e tutto è determinato, ma la necessità Hegheliana in cui essa contiene, sia pure in forma non ancora consapevole, la nozione di libertà, nella misura in cui essa viene intesa non in senso negativo e soggettivo, ma in senso concreto e positivo ( in cui può intervenire il fato). Come sostiene Heghel «la necessità come tale non è ancora libertà, ma la libertà presuppone la necessità e la contiene in sé come superata». La necessità superata, a mio avviso, consente la soddisfazione del bisogno e la possibilità di attivare il desiderio come rappresentazione mentale del bisogno soddisfatto. Il bisogno insoddisfatto si trasforma in necessità.
Come vedremo più avanti, appartenere è un bisogno, ma anche una necessità per il raggiungimento di una maturità evolutiva e come tale nel percorso evolutivo ha una connotazione costruttiva e positiva.
L’appartenenza di cui parlo non ha nulla a che vedere con l’ appartenenza al branco o con appartenenze in cui il soggetto assume una posizione di subalternità all’altro da sè ed è costretto dalle condizioni sociali ad accettare condizioni di sfruttamento. Queste condizioni a mio avviso si realizzano quando la necessità di appartenere diventa strumento e giustificazione per chi ha brama di potere per lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Strumento che consente di realizzare quello che Foucault chiamava il bio-potere. Cioè il potere di stabilire la differenza tra normale e patologico.
L’appartenenza è strettamente legata a principi etici e morali dello stare insieme.
Burrow (1927) nelle sue originali teorizzazioni sul gruppo parlava di tendenza primaria aggregativa, Foulkers parlerà di matrice di base, mentre Bion di assunti di base riferendosi alla tendenza innata ad aggregarsi.
Berne non fa cenno nella sua teoria motivazionale al tema dell’appartenenza, sarà Carlo Moiso , come riferisce K.Tudor, nel 1999 ad identificare esplicitamente il desiderio di appartenere a una delle tre motivazioni che derivano dal concetto di fame di Berne. Moiso ha riconosciuto questo desiderio come il primo permesso essenziale per il bambino e, quindi, che l’ingiunzione “non appartenere“, insieme a “non esistere” e a Non, è una proto-ingiunzione.
Cornell nel suo testo “Dentro l’ AT” riporta la proposta formulata da Mountain e Davidson (analisti transazionali nei campi organizzativi) nel 2011 di chiamare la fame di riconoscimento, fame di appartenere in quanto a loro avviso una carezza, che è l’unità di riconoscimento, è ricevuta da una persona specifica ed è destinata ad una persona specifica.
Fine della prima parte
Link alla seconda parte dell’intervento https://centroclinicopsicoterapia.it/2018/06/26/appartenenza-tra-desiderio-e-ananke-parte-ii/